I CARABINIERI MORTI NELLA TRAGEDIA DI CASTEL D’AZZANO NON SONO EROI
Mentre i politici si affrettano a versare lacrime di coccodrillo sulle bare dei carabinieri morti nella tragedia avvenuta alcuni giorni fa in provincia di Verona e osannano il prestigio delle forze dell’ordine, i cittadini comuni e i giornalisti alla ricerca della verità autentica dovrebbero secondo me guardare dietro il velo dell’apparenza e rifiutare con forza la narrazione tossica proposta dai media legati al sistema.
Bisogna rifiutare categoricamente l’idea che i carabinieri morti quella notte e quelli rimasti feriti sono martiri di una causa giusta, essi non erano li per portare aiuto, giustizia o mediazione, erano li per imporre una legge ingiusta, erano li in quanto braccia armate del sistema capitalista e della sua proprietà privata, incaricati di sgomberare con la forza chi, dopo essere stato umiliato dalla legge di classe, opponeva un’ultima disperata resistenza.
Chiamare eroi soggetti come i carabinieri morti a Castel D’Azzano è una menzogna, un eroe combatte per la libertà, non per l’oppressione, muore per una causa giusta, non per eseguire uno sfratto forzato; la loro morte non cancella la natura del ruolo che hanno scelto in questa società: quello di complici consapevoli di un sistema che macella ogni giorno i poveri e i disperati; il lusso ipocrita dei funerali di stato che ci saranno servirà a trasformare una morte provocata dalle stesse istituzioni statali in un rito di consolidamento del potere; la società capitalista, servendosi dei mass media da loro controllati creano nella gente un’ondata emotiva che mette a tacere ogni analisi critica, mentre le bare verranno avvolte nel tricolore si cercherà di avvolgere nel silenzio una domanda scomoda: Perché lo stato preferisce il sangue alla giustizia e alla creazione delle condizioni che garantiscono la realizzazione dell’individuo?
CONSIDERAZIONI SU QUANTO AVVENUTO A CASTEL D'AZZANO
Ciò che è successo alcuni giorni fa in provincia di Verona, indipendentemente dal fatto che le persone arrestate siano riconosciute colpevoli o innocenti, evidenzia che l’assistenza legata al sistema capitalista se ne sbatte dei sogni delle persone, dei loro progetti esistenziali e di creare le condizioni che permettono la realizzazione dell’individuo, la finta solidarietà delle istituzioni è una trappola per la neutralizzazione interiore delle persone; i tre fratelli rimasti coinvolti in quella tragedia avevano una loro identità, erano agricoltori ed allevatori, la loro intera esistenza era intrecciata a quella terra; il loro casolare e la loro terra erano la loro vita e i responsabili del comune avrebbero dovuto aiutarli a proseguire nel loro progetto esistenziale quindi avrebbero dovuto aiutarli a continuare a vivere e lavorare in quell’azienda agricola; ci si chiede come potevano continuare a vivere in un alloggio? come avrebbero potuto coltivare i campi e accudire il bestiame? l’offerta del comune non era una soluzione ma una condanna all’estinzione e all’annullamento della propria identità, la negazione totale di ciò che loro erano.
Poniamo pure che avessero accettato di abbandonare la loro terra, poniamo che a sessant’anni, dopo una vita passata a conoscere i ritmi della natura, i cicli delle stagioni e la cura degli animali si fossero presentati sul mercato del lavoro, ci si chiede quali opportunità gli avrebbe offerto la società? se gli andava bene li attendeva la galera del precariato, lavori saltuari come facchini, addetti alle pulizie, magazzinieri, questa sarebbe stata l’alternativa più rosea, la seconda alternativa, quella più vicina alla realtà, è che sarebbero finiti a chiedere l’elemosina, la commiserazione tanto lodata dalle religioni monoteiste ,dato che nel sistema capitalista non ci sono molti posti di lavoro per i sessantenni che, per ovvi motivi, non producono più come i ventenni.
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