Discussione

spiritualità e struttura sociale delle comunità preindeuropee, la distruzione di un sogno

spiritualità e struttura sociale delle comunità preindeuropee, la distruzione di un sogno

SPIRITUALITÀ E STRUTTURA SOCIALE DELLE COMUNITÀ PREINDEUROPEE, LA DISTRUZIONE DI UN SOGNO Tra le voci più importanti dell’archeologia del ventesimo secolo, Marija Gimbutas si erge come una vestale della memoria perduta; il suo lavoro ha strappato dall'oblio le civiltà della vecchia Europa, quei popoli che fiorirono in un arco di tempo che va dal 7000 al 3000 a.C., prima che l'ondata degli invasori Indoeuropei calpestasse il loro mondo; ciò che Gimbutas ha portato alla luce non è un semplice accumulo di reperti ma i frammenti di un sogno, la prova tangibile di un paradigma sociale e spirituale diametralmente opposto alla civiltà gerarchica che ne è seguita. Le comunità della vecchia Europa non costruivano fortezze, loro villaggi, disposti in cerchi e spirali, figure che rimandano al concetto di ciclicità della vita, sorgevano in luoghi aperti e indifesi; questa non era una scelta ingenua ma la testimonianza di una società che non concepiva la guerra come istituzione, la mancanza di armi e fortificazioni dimostra l’esistenza di comunità basate sulla cooperazione e sull'equità; il loro sostentamento proveniva da un'agricoltura sostenibile, un patto sacro con una Terra vissuta non come risorsa da sfruttare, ma come madre. In queste comunità non esistevano re, caste o capi, i lavori erano collettivi e le risorse condivise mentre le sepolture, modeste e uguali per tutti, sono la prova di un'ideologia che rifiutava l'accumulo e il potere personale; era un anarchismo primordiale e funzionante dove l'autorità non era verticale, concentrata nelle mani di pochi, ma orizzontale, diffusa nella comunità e nei ritmi naturali che essa onorava. Il pantheon spirituale rifletteva la struttura sociale egualitaria descritta sopra, al centro vi era una Dea, simbolo di fertilità, nascita, morte e rigenerazione in un ciclo perpetuo; la Dea non era una Divinità distante ma immanente, era presente dappertutto, nel suolo, nelle acque, nei corpi degli esseri viventi; le sue rappresentazioni, le famose Veneri neolitiche dai fianchi generosi, celebravano la corporeità e la sacralità della vita stessa, suoi simboli: spirali, labirinti, uova e alberi, parlano di continuità, di trasformazione, di un mondo senza inizio ne fine ma in eterno divenire. Accanto alla Dea troviamo le Divinità maschili che non erano suoi dominatori ma suoi consorti o figli; erano figure pacifiche legate alla caccia, alla vegetazione e al Sole, i loro simboli erano il toro, il cervo e il serpente, emblemi di forza rigenerativa e connessione con il mondo animale; nei racconti morivano e rinascevano con le stagioni, la loro morte e rinascita ciclica, insegnava un profondo mistero: che la vita e la morte non sono opposti ma partner in una danza eterna; l’equilibrio tra Dea e Dei, tra femminile e maschile non era una semplice divisione di ruoli, era la legge cosmica su cui si fondava l'armonia del mondo. Quello del neolitico era un paganesimo profondamente ecologista, un percetto della sacralità di ogni cosa che i neopagani moderni della tradizione Wicca cercano di recuperare; il punto debole di questa religione attuale è che i suoi pionieri hanno introdotto concetti estranei al paganesimo come la reincarnazione e la legge del tre. Tenendo conto delle loro risorse e conoscenze i popoli del neolitico erano grandiosi, avevano gettato le fondamenta per ciò che la borghesia, nella sua ipocrisia, può solo sognare come utopia, una società libera, egualitaria e in armonia con il proprio ambiente; se dovessi dare un voto alla vecchia Europa darei un otto mentre alla società moderna un uno. Poi ci fu l'incursione dall'Est degli Indoeuropei, popoli patriarcali, gerarchici e guerrieri e già qui il sogno iniziò a sfaldarsi ma il colpo di grazia fu l’affermazione del cristianesimo come unica religione col suo Dio unico, maschile e fuori dal mondo; ciò che è seguito è stata una lunga e progressiva degenerazione, la struttura sociale è diventata una piramide fondata sullo sfruttamento e sull'oppressione, i valori della libertà individuale, della felicità e dell’uguaglianza sono stati calpestati in nome del potere, del profitto e di un ordine innaturale; questa imposizione non ha creato vincitori ma solo un'umanità sofferente e alienata, sradicata dalle sue stesse fondamenta. Invece di evolverci, abbiamo subito un'involuzione, hanno distrutto un sogno, ma conoscere questa storia, apprezzare il lavoro di Marija Gimbutas e di tutti gli altri archeologi che hanno portato alla luce le antiche società senza stato e senza padroni ci aiuta a prendere coscienza che società senza gerarchie, guerre, disparità, esclusioni ed afflizione sono possibili e sono già esistite, sta a noi farle rifiorire.