Con l’avvento delle età dei metalli si è assistito ad una trasformazione profonda nella natura stessa delle relazioni umane; il rame, il bronzo e il ferro non furono solo strumenti per forgiare utensili ma anche veicoli di una nuova stratificazione sociale; la terra, che prima era madre comune e fonte di sostentamento condiviso, divenne oggetto di possesso e dominio; chi possedeva il metallo possedeva anche il potere e così le disuguaglianze, che un tempo erano appena percepibili come onde leggere sul mare, divennero montagne invalicabili, i pochi che detenevano la ricchezza dei metalli si eressero sopra i molti che rimanevano incatenati alla necessità.
Ma non è solo il metallo a plasmare la sorte degli uomini, anche le idee mutano sotto il peso del potere; la spiritualità, che in tempi più antichi era uno strumento di elevazione dell’anima, un ponte verso la comprensione di ciò che è eterno e Divino, si trasformò in uno strumento di controllo e di omologazione; le figure degli Dei, che prima erano percepiti come figure materne e paterne, vennero distorte da coloro che detenevano il potere e la religione si fece giogo per l’uomo comune.
Successivamente ci fu un ulteriore decadimento con l’avvento delle religioni monoteiste, non più una pluralità di Dei che riflettono la varietà delle azioni e delle emozioni ma un unico Dio, assoluto e sovrano, giudice delle azioni e legislatore distante, questo Dio non è più il compagno dell’uomo nella sua ricerca della felicità, questo Dio si erge come una figura terribile e distante che osserva dall’alto con severità e impone leggi; la religione diviene così strumento di omologazione, dispensatrice di paura e coercizione, non più una via verso la libertà dell’anima ma una catena invisibile che lega l’uomo al dovere e al timore.
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