Discussione

BAUDINI MARIO

Baudini è stato un noto giornalista che ha collaborato pure per la Stampa per diversi anni consecutivi. E’ stato pure inviato speciale anche per altre testate di rilievo. Ha esordito in realtà come poeta pubblicando antologie di poesie e facendo interessanti pubblicazioni poetiche. Famose sono le sue raccolte di poesie con cui si è fatto conoscere ottenendo il prestigioso premio Montale, premio Pavese, premio Brancati. Poi si è specializzato pure in saggi di un certo spessore su varie tematiche interessanti. Molti saggi sono tipicamente storici. Nei saggi ha disquisito varie tematiche prediligendo il tema della letteratura, teatro, arte. Ha scritto anche originali romanzi come lo sguardo della farfalla edito da Bompiani nel 2016. Il suo saggio più apprezzato è quello dedicato agli pseudonimi letterari. Per molte ragioni nel corso del tempo scrittori e poeti hanno modificato i loro nomi con i quali poi sono passati alla storia. Baudino fa una ricognizione dettagliata delle cause, dei motivi, delle conseguenze della scelta dello pseudonimo. Anche ai nostri giorni ci troviamo di fronte a un numero considerevole di nickname segno che il fascino dello pseudonimo è ancora in voga. Molti scienziati e letterati, specie questi ultimi, si sono avvalsi di altri nomi, di nomi di comodo, creati a tavolino o frutto di fantasia. Gli esempi sono numerosi come Collodi che si chiamava Lorenzin e che prese il nome del paese della madre, Moravia che faceva di cognome Pincherle, Pessoa , Neruda e altri. I motivi sono molti e anche di natura psicologica. Nel lontano passato alcuni nomi servivano per nascondere un lavoro collettivo fatto a più mani. In altri casi lo scrittore voleva l’attenzione concentrata su di sé, infatti nel pubblico e nel mondo della editoria iniziava la caccia alla identificazione per sapere chi si nascondeva dietro il nome di convenzione. Molti scrittori hanno evitato il nome proprio perché di origini ebraiche o russe e in tempi sospetti era meglio stare attenti. L’uso di certi pseudonimi ha nella storia anche suscitato polemiche. Molti scrittori sono stati attratti dall’anonimato, dalla voglia di nascondersi dietro una maschera per spirito di avventura, per trasformarsi agli occhi del pubblico, per stimolare la curiosità della gente. Si è trattato quasi sempre di una alterazione volontaria piuttosto che una scelta editoriale dettata da particolari esigenze. Alcuni scrittori l’hanno fatto perché la professione letteraria era la loro seconda attività, magari erano banchieri, avvocati, commercianti ecc. Molti scrittori a disagio con se stessi nel dichiararsi letterati hanno trovato nello pseudonimo una via di uscita. Le donne scrittrici hanno sguazzato nell’uso degli pseudonimi perché una donna scrittrice era guardata con sospetto nei secoli scorsi. Gli esempi in questo caso sono molti anche nella letteratura straniera, inglese, francese, americana. Spesso la identità si svelava solo nei circoli letterari dove era nota. Gli editori spesso sapevano e collaboravano. Gli pseudonimi venivano usati pure per le lettere agli amici. Molte scrittrici hanno usato nomi maschili per confondere le idee, visto che scrivevano cose adatte a un uomo. L’anonimato rappresenta una protezione, un travestimento, un velo, un simbolo, una maschera inventata ma più vera del reale. Molti scrittori sono ricorsi ad altri nomi per istintiva avversione alla notorietà e al successo. Molti nel tempo sono divenuti prigionieri del loro nomignolo d’arte tanto da essere del tutto sconosciuti con il loro vero nome. Molti hanno scelto altri nomi per ragioni sentimentali, magari hanno scelto il cognome della madre, del marito, della moglie, ecc. Molti hanno difeso il loro pseudonimo per mantenere a lungo il segreto. In altri casi si è trattato di un lancio commerciale astuto e preciso. Gli amici vengono pregati di tacere sul nome vero. Molti hanno scelto nomi di fantasia, nomi di un capo indiano, di una setta, di una contrada, di una isola, di una casa. Nelle riviste satiriche abbondano i nomi strani ed esotici. Alcuni scelgono nomi tratti dai poemi, dalla bibbia, ecc. spesso spinti dalla voglia di rifarsi una vita sotto altre spoglie. Molti vogliono fare un omaggio al padre morto, alla fidanzata deceduta ecc. per incarnare per sempre il loro spirito vitale. Il nome nuovo serve per rinascere, per inventare di sana pianta un altro se stesso, per ripartire da zero, per dar vita a un nuovo personaggio. In alcuni casi il gioco è stato rischioso specie in determinati periodi storici come l’epoca della guerra. Molti scrittori seguono l’arte di cambiare spesso nome e lo fanno più volte durante la carriera artistica. Solo dopo molti anni si sono tolti la maschera sapendo di essere alla fine. Certo il problema era quello dei parenti che potevano fare la spia e diffondere la vera identità. Per molti scrittori lo pseudonimo era una strategia per sfuggire a rapporti sociali troppo stretti essendo schivi e chiusi, non amanti del clamore. Il nome diverso era una protezione, una garanzia. Per tutelare e garantire l’anonimato molti scrittori, pittori, critici evitavano persino di firmare le loro opere per non generare confusione e curiosità. Molti romanzi nel tempo sono stati pubblicati anonimi, era una misura di sicurezza non indifferente, una apprezzata forma di prudenza. Le tipografie stesse mantenevano il silenzio seguendo una ingannevole strategia. Tuttavia spesso il pubblico avvertiva chi si celava dietro un falso nome, riconosceva lo stile, la penna, sentiva una specie di presentimento. Molti però sono stati ossessionati dai propri stessi nomignoli creati ad arte. Molti hanno creato una vera e propria folla di identità pubbliche. L’impostura serve per non essere riconosciuti, importunati, seguiti, adorarti o disprezzati dai seguaci. Molti scrittori, specie donne, sono stati precocemente smascherati grazie ad alcune tracce visibili lasciate. Il desiderio di fuggire dalla propria identità è sempre stato più forte nelle donne. Alcuni nomi in effetti sono facilmente riconducibili al vero soggetto che vi è dietro. Negli scritti spesso ci sono riferimenti troppo precisi che facilitano il riconoscimento. Molti saggisti sono stati accusati di falsità perché hanno fatto uso di nomi diversi strani. Non tutte le maschere sono trofei da esibire. Molti scrittori l’hanno fatto per gioco, per avere pubblicità, per stuzzicare gli editori. Nascondere il nome non è mai una cosa futile, alla base ci sono dei motivi specifici mai apertamente dichiarati. Molti sperano di avere più considerazione, di vendere più copie. Per molti il nome diverso non rappresenta un annullamento ma semmai una affermazione di sé. I nomi diversi sono come costumi di scena servono per abbagliare, per richiamare l’attenzione, per bucare la scena, per fare spettacolo, per attirare sguardi e pensieri. Molti scrittori poi hanno spiegato loro stessi i motivi della scelta attraverso la stampa, gli epistolari, Anche Macpherson ambizioso intellettuale ricorse con fermezza all’uso di altri nomi quasi per una scelta poetica e ribelle. Anche nel giornalismo ci sono casi analoghi. Oggi per molti critici è sinonimo di falsità, disonestà, inganno. Tuttavia oggi molti lo usano ancora lo pseudonimo per nascondersi. La prova regina del suo uso è solo la confessione del suo utilizzatore. Oggi sembra lecito il suo uso nei social, dove molti per inibizione, timidezza si nascondono dietro falsi profili creati. Molti parlano a ruota libera proprio in virtù della esistenza dell’anonimato che ancora oggi rappresenta una difesa da tante insidie.