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"Pupille d'alabastro" di Spectrum Vates: il rap che cerca connessione nella verità del

C’è qualcosa di controtempo, quasi ostinato, nella scrittura di Spectrum Vates. Fin dal primo singolo “Prosopagnosia”, passando per l’album d’esordio “EsseVu” e la dichiarazione d’identità “Non sono Lucio Battisti”, il rapper aretino ha costruito un percorso fuori dai meccanismi dell’hype, scegliendo parole e sonorità che non si consumano in 15 secondi ma restano oltre e fuori dal tempo. Con il nuovo singolo “Pupille d’alabastro” (PaKo Music Records/Believe), quella direzione si fa ancora più chiara: un brano che racconta l’amore come scelta quotidiana, non come scintilla da esposizione. In un panorama in cui il rap è sempre più spesso packaging – hit pensate per l’algoritmo, strofe adattate ai trend – Spectrum Vates fa una scelta di campo netta: scrivere come se ogni verso fosse destinato a durare. Non inseguire il momento, ma costruire senso. E in un’epoca in cui l’identità è sempre più un contenuto da distribuire, non un linguaggio da curare, Spectrum Vates sembra voler riportare il rap alla sua radice: una forma di espressione prima che una performance. Mentre il mercato musicale si piega sempre più spesso alle logiche dei reel, della viralità istantanea e delle strofe da una manciata di secondi, Spectrum Vates continua a scrivere pensando a chi resta. Non a chi scorre. Classe 1999, toscano, pochi filtri e nessuna scorciatoia, Spectrum Vates – all’anagrafe Giacomo Cassarà – ha scelto di stare dalla parte delle parole. Non come ornamento, ma come necessità. “Pupille d’alabastro” è l’ennesima prova di un percorso che punta alla sostanza e scarta l’effetto speciale. Dopo anni trascorsi nello sport agonistico, sceglie di fermarsi. E di scrivere. Prima la raccolta di poesie Spectrum Interior, nel 2022. Poi le prime pubblicazioni rap, indipendenti, essenziali, senza filtro. È lì che prende forma la sua voce: un “conscious emotional rap” come ama definirlo, che non insegue formule, ma cerca una vera e propria connessione, un punto di incontro con chi ascolta. Scrive come se stesse cercando qualcosa. O forse come se volesse proteggere ciò che ha trovato. Il resto lo racconta con un tatuaggio, inciso sul braccio e sulla pelle delle sue canzoni: Caduto in un quadro di sogni sospinto. Coraggio è il colore con cui l’ho dipinto. E dentro “Pupille d’alabastro” tutto questo ritorna: l’attenzione alla parola, la fedeltà a se stessi, lo sguardo che sa fermarsi prima di parlare. «Noi siamo due cuori rotti al centro e poi aggiustati, giochiamo a far la guerra senza armi e carri armati»: in una scena affollata da cliché, questa è una linea che ha il coraggio di restare sospesa. Una dichiarazione di umanità che fa della fragilità un linguaggio. E della poesia, un luogo. Il brano si apre su un’immagine precisa: una giornata di sole, Perugia gremita, uno sguardo che si incrocia tra la folla. Da quel momento – raccontato come un piccolo cortocircuito emotivo – si snoda una narrazione fatta di gesti e convivenza quotidiana. L’amore non è idealizzato, ma reso possibile giorno dopo giorno. Un sentimento che cresce nei vuoti e nei dettagli, nella routine e nella cura. «Mi sveglio al mattino e t'osservo dormire, sdraiata lì, accanto al mio corpo indifesa»: non è romanticismo di maniera, ma adesione alla realtà di un legame che evolve senza bisogno di proclami. Il titolo, “Pupille d’alabastro” suggerisce uno sguardo che non si dimentica, che resta impresso anche quando si chiudono gli occhi: l’alabastro richiama e sintetizza delicatezza e resistenza, luce e opacità, diventando la metafora perfetta di un amore che non ha bisogno di esibirsi per durare. L’equilibrio tra scrittura e suono è evidente e calibrato: il piano di Diego Fabbri accompagna senza mai invadere, lasciando al testo il ruolo centrale. Il mix e il master, curati da Atomic, sottolineano questa scelta estetica, rendendo ogni parola nitida, respirata, misurata. È un lavoro che si muove con discrezione, ma con una direzione chiara. «Ho sempre pensato che certi incontri siano come collisioni tra galassie lontane. Non puoi prevederli, ma quando succedono, cambiano la traiettoria di tutto - racconta Spectrum Vates -. Questo brano non è nato per spiegare l’amore, ma per restituirne il peso. Quel silenzio che si crea quando due sguardi si incastrano per la prima volta, e tutto il resto sfuma.» Ancora una volta, Spectrum Vates dimostra che si può fare rap senza inseguire mode, e che si può parlare d’amore senza cadere nella retorica. Scrive come se stesse parlando solo a chi ascolta davvero. E in una società in cui la velocità è la regola, scegliere la lentezza diventa un atto radicale. Ma non è solo una questione di stile musicale. In “Pupille d’alabastro”, come nell’intero universo di Spectrum Vates, il tempo non è mai un sottofondo: è materia viva, tema implicito, compagno narrativo. C’è un’idea precisa dietro ogni strofa: che le parole abbiano bisogno di tempo per sedimentare. Che il rap possa ancora permettersi di rallentare. Non è un caso che ogni verso sembri scolpito, incasellato con cura, come se scrivere fosse un atto artigianale, e non un processo da automatizzare. Ogni pausa, ogni attesa nel brano, è parte del significato. Non c’è urgenza di riempire, ma esigenza di dire. Anche per questo motivo, “Pupille d’alabastro” non è un singolo che punta al picco, ma alla traccia. Non cerca la viralità: cerca chi ascolta. Non si chiede “quanto suonerà?”, ma “quanto resterà?”. E in questo restare c’è tutta la forza del progetto: uno sguardo fermo in un mondo che scorre veloce, troppo veloce. Una voce che non si impone, ma si fa ascoltare. Un nome che, senza alzare la voce, sta trovando il suo posto. Con coerenza, delicatezza e determinazione. In un sistema che premia la rapidità, la sua lentezza è un gesto quasi politico. In un panorama dove il tempo è rumore, la sua musica sceglie il silenzio. E lo rende necessario.

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Selekim pubblica il nuovo singolo “Supereroi”

Selekim pubblica il nuovo singolo “Supereroi”

Un mix tra rock e rap nato in un periodo di grande incertezza e intriso di storie d'amore e generazione Esce il 25 aprile su tutti i principali store digitali e in promozione radiofonica nazionale "Supereroi", il nuovo singolo firmato Selekim, alter ego di Mikeless, all’anagrafe Michael Fortunati. Il brano rappresenta un capitolo centrale del nuovo progetto rock-rap-pop che l'artista sta sviluppando. "Supereroi" nasce in un momento di grande disorientamento collettivo, periodo che ha spinto Fortunati a inventare un nuovo personaggio artistico: Selekim, ovvero Mikeless scritto al contrario. Una maschera digitale con cui affrontare l’imprevedibilità del presente e dare voce al disorientamento della sua generazione di fronte a un evento storico per cui nessuno era preparato. Sul tappeto sonoro si muove un ibrido di rock ed elettronica, con chitarre incisive, beat moderni e inserti vocali dal sapore rap. Il brano è attraversato da un’urgenza espressiva che si alterna tra denuncia sociale e introspezione sentimentale. Il ritornello rivela infatti una dimensione privata: una storia d’amore vissuta in quel periodo, intensa ma complicata, che aggiunge al testo un ulteriore livello emotivo. Ascolta l’artista open.spotify.com/intl-it/artist/5eAhy9waneQbWBoe1lNJfh?si=Tursg-1kRsWgfab9prxKtg Selekim si presenta come un esperimento sonoro e narrativo, un progetto che ribalta e reinventa l’identità artistica di Mikeless. Michael Fortunati nasce come chitarrista rock-psichedelico, si forma alla Tampa Lirica di Piacenza, e negli anni si è trasformato in cantautore, performer di strada e cantalooper, grazie all’uso della loopstation. Ha alle spalle dischi autoprodotti, premi, collaborazioni trasversali con attori, pittori e scrittori. Tra i progetti recenti, spicca "Galaxy Dust", album strumentale che esplora l’elettronica e l’ambient. Con "Supereroi", Selekim non solo propone un nuovo sound, ma soprattutto un manifesto generazionale che intreccia fragilità, creatività e resilienza. Il brano conferma la versatilità di un artista che ha fatto della metamorfosi il proprio segno distintivo. Facebook: facebook.com/mikelesselekim Instagram: instagram.com/selekim_official/

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TARTARIA

Il termine tartaria deriva dal mito greco e si riferisce al regno degli inferi. La Tartaria era una regione storica dell’Asia molto estesa dal clima ostile da qui il termine spregiativo. Era un termine europeo per indicare zone sconosciute della Siberia, degli Urali, della Manciuria. La Siberia era detta grande tartaria, la Crimea piccola, la Manciuria era detta tartaria cinese. Il termine negativo è giunto fino al XX secolo. Molti viaggi storici hanno sfatato il mito oscuro della Tartaria. Nel XIX secolo il mito era ancora in piedi nella arte e nella letteratura, nei racconti e nelle leggende, nei quadri e nelle favole. Spesso era sinonimo di un luogo favoloso, ricco, immaginario, una terra di giganti, di ricchezze, di pietre preziose, un eden felice ricco di prosperità e benessere. Secondo la credenza la tartaria era un regno indipendente, pieno di tesori anche nascosti, una regione prospera, un impero potente, che si estendeva dal mar Caspio fino all’oceano pacifico, comprendendo l’Asia centrale. Un regno con un esercito particolare, efficiente, dotato di controllo e di dominio. Ci sono mappe geografiche antiche ricche di riferimenti riguardo questa antica civiltà perduta, che per molti sensitivi è ancora esistente. Secondo invece alcune fonti storiche la civiltà dei tartari si sarebbe estinta per colpa di calamità naturali come terremoti e inondazioni. Secondo alcuni sarebbe sprofondata nel fango dopo piogge abbondanti. La storia della Tartaria è ancora avvolta nel mistero fitto. Di questa zona si sa poco e le fonti sono scarse. Alcune terre furono esplorate da missionari e monaci esploratori. Secondo alcune fonti la tartaria fu oggetto di massicce invasioni di barbari e andò in decadenza. Ad alcuni sensitivi piace pensare e credere che esista ancora questa terra favolosa abitata da uomini saggi che vivrebbero appartati lontano dalla civiltà.

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Grande successo per il primo weekend della Sagra della Polenta a Muggiò

Grande successo per il primo weekend della Sagra della Polenta a Muggiò

Ha preso il via con entusiasmo e grande partecipazione la Sagra della Polenta di Muggiò, che ha animato il Parco Superga nei giorni 25, 26 e 27 aprile. Migliaia di visitatori hanno riempito la grande tensostruttura coperta e riscaldata, con oltre 1.300 mq allestiti per accogliere famiglie, curiosi e buongustai. Protagonista indiscussa della manifestazione è stata la polenta, servita in moltissime varianti dai polentieri esperti, ad esempio con salsiccia e funghi, con brasato, con gorgonzola, etc.. Particolarmente apprezzata anche l'iniziativa dei 100 voucher solidali: buoni pasto donati dagli organizzatori al Comune di Muggiò e assegnati a cittadini in situazione di fragilità economica. «È un gesto concreto di inclusione - dice Alessandro Fico, organizzatore - che ha permesso a molte persone di vivere un momento di festa e condivisione». L’intrattenimento, a cura della Corte di Menelao, ha conquistato il pubblico con un mix di spettacoli unici: dal cabaret alla musica live, dalla magia agli spettacoli di burlesque e alle performance itineranti di mangiafuoco, trampolieri e fachiri. La Sagra della Polenta continuerà nei giorni 1-2-3-4 maggio, con un ricco menù, realizzato con prodotti d’eccellenza del made in Italy, e un fitto calendario di eventi: • 1 maggio (sera): esibizione di band locali • 2 maggio (sera): DJ set con Manuel V DJ • 3 maggio (sera): Tributo a Ligabue • 4 maggio (pranzo): Concerto dell'Orchestra Minoia • Tutte le sere: spettacoli di burlesque con Marlene Clouseau e stand-up comedy con Norma Bozzola • Animazione continua per bambini con trucca-bimbi e artisti itineranti «Dal 1° al 4 maggio, il campo sportivo Superga di Muggiò si trasformerà in un grande palco a cielo aperto per accogliere un evento musicale unico nel suo genere: quattro giorni di musica live, con protagonisti gruppi musicali e band giovanili del territorio - illustra Dario Stella, Assessore a cultura e tempo libero di Muggiò -. Un’iniziativa che punta a valorizzare i talenti locali, offrendo loro la possibilità di esibirsi davanti a un pubblico, il tutto a titolo completamente gratuito. Un’occasione di aggregazione, cultura e divertimento che promette di animare le serate muggesi. Il progetto ha anche un’anima solidale: verranno infatti distribuiti voucher gratuiti a persone in difficoltà, per garantire l’accesso e la partecipazione a tutti. Siamo vicini ai nostri cittadini del territorio e deve essere una quattro giorni di festa per tutti». L’ingresso è gratuito e il servizio da asporto resta attivo per chi vuole gustare i piatti comodamente a casa. Con oltre 1.000 posti a sedere, è vivamente consigliata la prenotazione attraverso il sito ufficiale sagrapolenta.it. Per info: numero 3890265550 (Whatsapp).

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Ermetica, la nuova promessa della musica ?....

Ermetica, la nuova promessa della musica ?....

Arianna Giuliani (alias) "Ermetica" di Lucca, per lei la musica è poesia, arte, in sintesi la sua compagna di viaggio, come ancora di salvataggio nei momenti difficili. Oltre ad essere fan sfegatata della squadra del Napoli. Arianna Giuliani alias “Ermetica”, da dove nasce questo nome, e qual è il significato artistico che hai voluto dare ad esso? Ermetica, nasce a livello canoro dalla passione della poesia, che nutro sin da piccola, scaturisce dal mio essere riservata nella sfera intima e privata, è il ritratto del mio “io”. Da dove scaturisce in te questa propensione per la musica? Questa passione che ho sin da piccola, la devo ai miei genitori e ai miei nonni, che ho sempre nel mio cuore, cui ringrazierò sempre per il loro appoggio e contributo dato con amore. Come detto, da piccola già avevo una bella voce, tanto che mia madre mi voleva iscrivere allo Zecchino d’oro. La musica ha fatto sempre parte della mia vita, anche al liceo mi consideravano una DJ per la mia passione musicale e canora. Oltre a ciò, ho partecipato ad un concorso del mio paese, da lì poi ho continuato il mio percorso canoro studiando canto moderno, nella scuola Civica di Capannoli, con Ilaria Biagini, strumentista di Roberto Vecchioni. In seguito con Michele del Pecchia Vocal Coach, e successivamente con Marco Del Feo autore di “Doppiamente fragili” di Anna Tatangelo. Altri due insegnanti importanti che hanno segnato il mio percorso sono Monia Russo, che partecipò anche al festival giovani 2006, e Nic Farina Vocal Coach, che lavora tra Londra e Pietra Santa. Oltre, ad aver partecipato a dei provini importanti come: X- Factor e Amici di Maria De Filippi, dove ho ricevuto i complimenti del maestro Beppe Vessicchio, che lo ringrazio con tutto il cuore, perché è grazie anche a lui oltre alla mia famiglia. Altra persona importante in questo cammino musicale, il mio caro amico scomparso che voglio ricordare, si chiamava Carlo Sabatini, era anch’esso un musicista e anche grazie a lui che ho iniziato le mie serate con la chitarra, il quale mi ha regalato la prima chitarra, ed io gli promisi che il mio primo pezzo inciso lo avrei suonato con la chitarra, a lui dedicherò il mio primo lavoro discografico, e se non ho mai mollato è grazie alla sua persona, se ho sempre portato in alto il nome della musica. Su questo filone amo la musica pop, rock melodico, ma ultimamente anche la latino-americana e musica celtica. Una voce che ha spaccato, come si suol dire, tanto da ottenere il premio della critica nel Paso Karaoke contest, cosa ci puoi dire in merito? Sono rimasta molto sorpresa, perché per motivi personali sono rimasta un po' lontana dalla musica. Questo concorso è stato un tour durante la settimana del mio compleanno, partecipando con un pezzo importante dei Queen “Somebody To Love”, che un po' mi rispecchia, come persona che crede molto all’amore, nonostante sia stata un po' lontana dalla musica. Il premio della critica è un premio che ho sempre desiderato. L' interfaccio avuto col pubblico è stato molto emozionante, per smorzare la mia tensione emotiva, ho coinvolto in modo coeso il pubblico, come se fosse una normale serata canora. Chi vorresti ringraziare per questa bella esperienza canora? Vorrei ringraziare principalmente me stessa, perché ero un po' scettica se partecipare o meno, poi devo ringraziare Benedetta e Simone, che hanno organizzato questo bell’evento, la giuria che ha creduto in me, le mie amiche e mio zio che mi hanno sostenuto, come tutta la mia famiglia. Quali passi stai pensando di intraprendere, dopo questa bella esperienza canora? In questo contesto ho avuto la fortuna di conoscere la magnifica persona del dott. Salvo De Vita, che mi ha supportato, con il quale abbiamo un progetto musicale insieme, e lo ringrazio per aver supposto in me le potenzialità canore, per la prima volta mi sono sentita apprezzata come artista e come persona, quindi gli devo un grande grazie. Tra i sogni di Ermetica, quali spiccano in questo anno tutto da costruire? Scrivere e cantare tanto, e un anno di svolta, dove inciderò i miei brani come cantautrice. I miei sogni per ora, sono un working in progress. Articolo: Dott. Salvo De Vita, Rosa Calderone, Michele Perrotta Dirigente del servizio: Ufficio Stampa & Produzioni MP di Salvo De Vita Distribuzione digitale: Dott. ssa Mietto Elisa

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Successo di visitatori per X-ReM Buoninfante al Fuorisalone 2025

Successo di visitatori per X-ReM Buoninfante al Fuorisalone 2025

Nella “Buoninfante Lounge” realizzata in collaborazione con DeejayFoXRadio una maratona di talk su sonno e vita attiva con esperti come il primario del Centro del Sonno del San Raffaele Luigi Ferini Strambi Al Fuori Salone 2025 – nello spazio Opificio 31 di Tortona Rocks, Gruppo Buoninfante, azienda leader nella produzione di materassi, ha presentato l’ultima innovazione. Si tratta di un brevetto della linea X-Bio dedicato al recupero delle energie e al corretto riposo che sarà svelata nell’installazione X-ReM, un percorso interattivo che porterà il pubblico a vivere e comprendere il tessuto a triplo strato di X-Bio, ossia come la tecnologia dei materiali, pari a quelli utilizzati nello sport professionale, contribuisca a creare le condizioni per un buon sonno. A X-ReM il primario del Centro del Sonno del San Raffaele Luigi Ferini Strambi Allo spazio X-ReM - il professor Luigi Ferini Strambi, primario del Centro di Medicina del sonno dell’IRCCS dell’Ospedale San Raffele, ha tenuto un talk show relativo alle condizioni fondamentali per un buon riposo. “Dormire bene è importante perché abbassa la pressione, perché fa mangiare meno e potenzia il sistema immunitario. Un altro aspetto importante è che il cervello grazie a un sistema di pulizia che si chiama sistema glinfatico viene ‘pulito’ da tutte le cattive scorie come la betamiloide, una proteina cattiva che può determinare l’Alzehimer. In sostanza, se dormiamo bene il sistema glinfatico funziona altrettanto bene: pulisce il cervello e siamo tutti più protetti. Inoltre, è fondamentale anche la posizione corporea per il funzionamento del sistema glinfatico: quindi sì a dormire tanto, dormire con sonno profondo, ma anche dormire non in posizione supina, ma sul fianco, perché quando dormiamo sul fianco il sistema glinfatico funziona molto meglio”. Lo spazio X-ReM ha accoltoi visitatori visitatore introducendo il tema del movimento connesso al buon riposo. Dopo aver percorso uno spazio in cui vengono individuati i momenti della giornata in cui consumiamo più energia, un tunnel di videowall ha accompagnato il visitatore ad entrare nelle trame della materia del materasso per conoscere dall’interno il suo funzionamento a contatto con il corpo umano. In particolare gli ospiti hanno potuto visualizzare i “power channel” il sistema brevettato di speciali “microcondutture” che fanno scorrere il sudore lungo la superficie facilitandone l’evaporazione ed evitando che l’umidità penetri all’interno del materasso. Questo contribuisce a raffreddare le diverse zone del corpo velocizzando così il processo di termoregolazione, che richiede al fisico un minore dispendio di energia a favore di un più rapido recupero. Nelle ultime stanze c’è invece la possibilità di toccare e provare la consistenza, la comodità e ammirare anche il design del prodotto. “X-Bio con il suo tessuto a triplo strato – spiega Enzo Buoninfante, Ad del Gruppo - è un sistema brevettato, basato su un’avanzata tecnologia di termoregolazione progettato per mantenere una temperatura stabile tutta la notte sia d’estate sia d’inverno e aiuta a ridurre le interruzioni del sonno e a favorire i processi di recupero fisico e mentale”.

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Il Tuo Brand Nasce dalla Tua Storia. Raccontala Bene.

Il Tuo Brand Nasce dalla Tua Storia. Raccontala Bene.

Nel personal branding, la tua storia è il tuo superpotere. Le vittorie contano, ma sono le sfide, i momenti difficili e i tuoi perché che fanno davvero la differenza. 📌 Vuoi essere ricordato? Allora impara a raccontarti: ✅ Parti dal cuore: cosa ti ha spinto a iniziare? ✅ Racconta le sfide: cadute, sacrifici, momenti veri ✅ Mostra l’evoluzione: come sei cresciuto grazie allo sport ✅ Fai vivere le emozioni a chi ti ascolta o ti legge 🎯 Lo storytelling non è solo una tecnica, è la chiave per creare connessioni vere con chi ti segue (e con i brand che potrebbero supportarti). 👉 Scopri la guida completa con struttura narrativa, esempi ed errori da evitare: dracones.it/personal-branding-atleti/it/blog/storytelling-per-atleti-come-raccontare-la-tua-storia-per-costruire-un-brand

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Michele Camillò scrive un brano sull'atroce femminicidio di una ragazza brasiliana a Gambara

Michele Camillò scrive un brano sull'atroce femminicidio di una ragazza brasiliana a Gambara

Il compositore e cantautore Michele Camillò presenta il suo nuovo brano, A Uberlandia c'è ancora il sole, ispirato a un tragico evento che ha scosso la città di Gambara, in provincia di Brescia. Il brano narra la storia di una giovane donna, vittima di un femminicidio ad opera del suo compagno. Con una scrittura semplice ma profonda, Michele Camillò ha voluto dare voce a una realtà troppo spesso ignorata, quella della violenza di genere che colpisce milioni di donne in tutto il mondo. Il brano, dal titolo evocativo, si fa portavoce di una denuncia sociale e di un invito alla riflessione, ponendo al centro della sua narrazione l'assoluta necessità di fermare il ciclo di violenza che affligge tante donne, spesso in silenzio. La tragica vicenda di Gambara, in cui una giovane brasiliana nata a Uberlandia, è stata uccisa dal suo ragazzo, ha ispirato l'artista a esplorare temi complessi come il controllo, la manipolazione e la sofferenza psicologica che possono sfociare in gesti estremi e irrimediabili. Il brano non vuole essere solo un racconto, ma un potente grido di allarme contro l'intollerabile ingiustizia subita da troppe donne, spesso invisibili, in un contesto sociale che ancora fatica a riconoscere la violenza nelle sue forme più subdole. Michele Camillò, da sempre sensibile alle tematiche sociali, ha dichiarato: "Questo brano è un tentativo di raccontare non solo una tragedia, ma anche di dare voce a chi non può più parlare. Spero che possa sensibilizzare il pubblico e portare un piccolo cambiamento nella lotta contro la violenza di genere. È tempo di agire”. Il brano sarà disponibile su tutte le piattaforme digitali e sarà accompagnato da un videoclip che enfatizza le parole della canzone attraverso immagini potenti e simboliche.

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Che cosa è un Mockup e perchè è necessario per le aziende?

Che cosa è un Mockup e perchè è necessario per le aziende?

Il mockup è una simulazione grafica realistica che mostra come apparirà un prodotto finito, utile per presentare progetti in modo professionale prima della produzione. Strumento fondamentale per aziende e designer, permette di visualizzare loghi, packaging, volantini o siti web nel loro contesto reale, facilitando la scelta e le revisioni con clienti o partner. I mockup migliorano la comunicazione, evitano errori e rendono più efficace la presentazione di un’idea, rafforzando l’immagine aziendale e il processo decisionale. avgraficadesign.com/blog/che-cosa-e-un-mockup-e-perche-e-necessario-per-le-aziende

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Ciclo di conferenze sulla fine della seconda guerra mondiale

Ciclo di conferenze sulla fine della seconda guerra mondiale

Il prossimo 9 aprile sulle varie piattaforme Social Network presenti nella rete, sarà disponibile la seconda conversazione facente parte del ciclo di incontri, organizzati dal Circolo Culturale “L’Agorà” sul tema “1945-2025: 80° anniversario fine della seconda guerra mondiale”. In occasione dell’ottantesimo anniversario della fine delle ostilità della seconda guerra mondiale e della liberazione dall’oppressione e dalle dittature in tutto il mondo, si stanno organizzando conferenze e manifestazioni, anche il Circolo Culturale “L’Agorà, pur nel suo piccolo, ha inteso dare un contributo, organizzando una serie di momenti di riflessione su tale periodo storico che si protrarrà per tutto il mese di aprile. In tale ciclo di conferenze ci saranno diversi momenti di approfondimento che coinvolgeranno studiosi, ricercatori, accademici, istituti culturali e l’analisi di una serie di lavori multimediali realizzati dal Circolo Culturale “L’Agorà che tratteranno diversi aspetti del periodo storico in argomento. Aprirà la giornata di studi Alberto Cafarelli trattando il tema “I fatti di Cefalonia”. L’eccidio di Cefalonia fu un crimine di guerra compiuto da reparti di tedeschi nei confronti dei soldati italiani presenti alla data dell’8 settembre 1943, giorno in cui fu annunciato l’armistizio di Cassibile che sanciva la cessazione delle ostilità tra l’Italia e gli anglo-americani. A Cefalonia nel settembre 1943 furono massacrati dalle truppe tedesche 6.500 soldati italiani, fu insabbiata nell’autunno del 1956 in nome della ragione di Stato. A Cefalonia i soldati della divisione “Acqui” furono selvaggiamente massacrati dopo essersi arresi. L’ordine, impartito da Hitler, venne eseguito con determinazione inumana. È stata una delle azioni più arbitrarie e disonorevoli della lunga storia del combattimento armato», disse il rappresentante dell’accusa al processo di Norimberga. Finita la guerra, familiari delle vittime e superstiti si batterono perché i 31 militari tedeschi responsabili di quell’eccidio venissero processati. Ma la politica non permise di arrivare al processo. Nell’ottobre del 1956 Gaetano Martino, liberale, ministro degli Esteri, scrisse a Taviani, ministro della Difesa, proponendogli in sostanza l’affossamento di ogni percorso di giustizia. E ciò in nome della risurrezione della Wehrmacht, cioè dell’esercito tedesco,necessario alla Nato, in funzione anti-Urss. Taviani pose una sigla di assenso sulla lettera di Martino. Davanti al presidio tedesco, forte di 2000 uomini, insediato nello stesso territorio degli italiani, circa 12.000, molti dei nostri si rifiutarono di consegnare le armi al vecchio alleato ed il generale Gandin, decise dopo un referendum tra gli stessi soldati italiani, di combattere ancora, questa volta a fianco della resistenza greca. Molti furono i caduti reggini come il sottotenente Silvio Dattola, il tenente Ugo Correale di Santacroce di Siderno Marina, il capitano Giuseppe Bagnato, fucilato nella “casetta rossa”, Francesco Quattrone, ufficiale di fanteria al 17 reggimento, morto in combattimento e medaglia d’argento al valor militare alla memoria consegnata durante la cerimonia del 4 novembre di metà anni novanta. Si parlerà anche di Gino Gentilomo, sopravvissuto all’eccidio ed il primo ad aprire il fuoco contro i tedeschi, il quale scrisse un libro dove racconta la sua storia, e poi Nino De Stefano, Francesco Brath, capitano medico. La tragedia della divisione Acqui non finisce a Cefalonia: delle prime quattro navi partite dall’isola con i prigionieri italiani, tre vengono affondate, causando più di 1.300 morti. Il resto dei sopravvissuti, circa 6.500, inizia un viaggio di più di un mese verso i campi dell’Europa dell’Est su treni e navi stipati “oltre ogni limite di sicurezza” per espresso ordine del generale tedesco Lanz. La tragedia senza fine della divisione Acqui continuerà poi nei campi di prigionia russi, fino in Siberia, dove saranno mandati dopo la cattura da parte dell’Armata Rossa. Nel corso della seconda giornata inerente a “1945-2025: 80° anniversario fine della seconda guerra mondiale”, seguirà l’intervento del Presidente del Circolo del Cinema “Zavattini” che ha tratto il tema “Il cinema post bellico nel neorealismo italiano: Rossellini e De Sica”. Il neorealismo è stato un fenomeno eterogeneo, quindi non dotato di un manifesto o di poetiche programmatiche, che ha interessato una buona parte del cinema italiano dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, cioè il 1945, al 1953/1954. Il 1945 è l’anno in cui, dopo la Liberazione, finisce la guerra ed esce “Roma città aperta”, film diretto da Roberto Rossellini. “Roma città aperta” è considerato l’atto di nascita del neorealismo, fu in parte girato prima che la città fosse completamente liberata e riassume il sentimento di identità nazionale che andava formandosi in quegli anni. Con il neorealismo, i registi riscoprono la necessità di portare la cinepresa a contatto con la strada: si valorizza l’attualità, agli attori professionisti si affiancano attori presi dalla strada e si ricorre a set autentici sia per gli esterni che per gli interi. Questa decisione era anche dovuta al fatto che gli studi erano andati distrutti a causa dei bombardamenti. Tali affermazioni sono vere solo in parte, in quanto si possono individuare diverse eccezioni. “Sciuscià”, film diretto da Vittorio De Sica nel 1946, fu girato in larga parte in studio. “Roma città aperta”, invece, faceva affidamento su attori che avevano già una carriera cinematografica ma anche teatrale, tra cui Anna Magnani. Il cinema assume l’importante funzione sociale di strumento di conoscenza della realtà e instaura un rapporto paritario tra registi, collaboratori e pubblico. Il secondo appuntamento si concluderà con il reportage “I reggini e la Resistenza: quale memoria? Quale radici?”. Queste alcune delle cifre che sono state oggetto di analisi, nel corso della prima giornata di studi organizzata dal Circolo Culturale “L’Agorà”.

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