Continuiamo il percorso sull’ideologia di Antonio Marsico su temi come lavoro e istruzione. Marsico insiste sul valore del lavoro, anche dal punto di vista economico. L’aumento salariale, dice, non è un costo, ma un investimento. “100 euro al mese sono 1 euro all’ora. Non è niente.” Le aziende che non riconoscono il valore dei propri dipendenti rischiano di perdere le persone migliori, e con loro la reputazione. “Meglio dare qualcosa in più che perdere una persona efficace.” È un messaggio semplice, ma potente: la dignità passa anche dalla busta paga. Il rispetto del lavoro, però, non si misura solo in euro. Passa anche dai dettagli, dalle regole, dalla disciplina. L’uso del cellulare sul posto di lavoro è condannato senza mezzi termini: “I telefonini devono stare chiusi nel cassetto.” Per Marsico, le aziende devono imporre regole chiare, non per punire, ma per garantire serietà e produttività. Il lavoro non è un passatempo, è un impegno. E chi lo prende sul serio merita rispetto. Dovrebbero essere introdotte figure dedicate al monitoraggio della produttività aziendale, con l’obiettivo di valorizzare i dipendenti più meritevoli e intervenire nei confronti di chi non contribuisce in modo efficace. Queste parole non sono solo uno sfogo. Sono un richiamo alla responsabilità, alla competenza, alla costruzione di un futuro migliore. Un futuro dove chi sa fare viene ascoltato, premiato, valorizzato. Dove il lavoro torna ad essere un luogo di crescita, e non di frustrazione. Nel mondo del lavoro tecnico, sottolinea come la tecnologia cambi, ma i principi restino. Centraline, diagnosi, codici errore: cambiano i nomi, ma non la logica. Chi conosce la base può adattarsi. Chi non la conosce, non può improvvisarsi tecnico. È una verità semplice, ma spesso ignorata. Eppure, in un settore come l’elettronica, l’improvvisazione non è solo dannosa: è pericolosa. Marsico ha lavorato su scafi, navi mercantili, pescherecci, affrontando sale motori e sistemi complessi. Una carriera costruita con fatica, passione e rispetto. “Se tornassi indietro di 60 anni, rifarei tutto.” Una frase che racconta la gratitudine verso un mestiere che ha dato dignità e soddisfazione. Chiedere uno stipendio è legittimo, ma va accompagnato dall’onore del proprio lavoro. Competenza, precisione, responsabilità: sono queste le qualità che giustificano un aumento. “Non si può chiedere un aumento se non si sa nemmeno fare il proprio mestiere.” Il lavoro va meritato, non preteso. E le aziende, se vogliono crescere, devono premiare chi dimostra valore sul campo. Anche la figura del professore viene messa sotto la lente. “Il professore si fa quando hai capito quello che hai fatto e l’hai messo a posto.” La vera competenza non si misura con le parole, ma con i fatti. L’esperienza diretta smaschera chi si vanta senza sapere. “Quando l’ho messo alla pratica, ho detto no.” È il momento in cui la teoria si scontra con la realtà, e solo chi ha davvero vissuto il mestiere può insegnarlo. Questo sfogo è più di una critica: è un appello accorato a rimettere al centro la formazione, la sicurezza e la dignità del lavoro tecnico. L’elettrico non è il futuro: è il presente. E affrontarlo senza preparazione è un pericolo per tutti. Marsico non chiede miracoli, ma una rivoluzione culturale. Una rivoluzione che parta dal rispetto per chi sa fare, per chi ha studiato, per chi ha vissuto. Perché senza competenza, non c’è progresso. Solo caos. C’era un tempo in cui la formazione professionale era considerata un pilastro fondamentale del lavoro. L’intervistato ricorda con nostalgia gli anni in cui si frequentavano corsi annuali, si prendevano appunti a mano, si facevano domande con curiosità e rispetto. Era un’epoca in cui imparare significava crescere, e ogni aggiornamento tecnico era un’occasione per migliorarsi. Oggi, invece, il panorama è cambiato radicalmente. Nelle concessionarie e nelle officine entrano persone prive di competenze, che si improvvisano tecnici senza sapere nemmeno come funziona un impianto elettronico moderno. La professionalità sembra essere diventata un optional. La scuola, che un tempo rappresentava il primo passo verso la competenza, viene descritta come un luogo dove si promuove per inerzia. Il diploma è visto come “un pezzo di carta che non serve a niente” se non è accompagnato da una vera preparazione. I giovani, secondo l’intervistato, non sanno nulla di concreto, soprattutto nel campo tecnico: “Non sanno l’ABCD della meccanica.” La formazione online, che dovrebbe colmare le lacune, è considerata inefficace e superficiale. “Non si può fare informazione online. Serve pratica, serve dialogo, serve confronto.” La scuola non insegna più. Promuove l’ignoranza, non l’intelligenza. I ragazzi non studiano, non si formano, non sanno nulla di pratico. L’intelligenza artificiale, che dovrebbe essere uno strumento di supporto, viene vista con sospetto: “Una truffa che maschera voci e inganna.” Il tono è duro, ma nasce da un profondo senso di delusione e da un amore autentico per il lavoro ben fatto. Chi lavora sull’elettrico, ad esempio, dovrebbe aver seguito corsi specifici, aggiornati e certificati. Non basta “aver visto fare” o “aver letto qualcosa.” L’esperienza raccontata è chiara: “Io ho fatto due corsi, ho preso appunti, ho studiato, ho fatto domande. Ora so dove mettere le mani.” Chi non si prepara mette a rischio sé stesso e gli altri. Eppure, in molte officine, i corsi non vengono nemmeno proposti. Questo sfogo non è solo una critica: è un appello alla competenza, alla formazione, alla verità. È una denuncia contro l’improvvisazione, l’ignoranza e la superficialità che stanno distruggendo l’Italia. “Cerchiamo di dare una mano. Cerchiamo di premiare chi sa fare. Cerchiamo di ascoltare chi ha vissuto davvero.” È un invito a tornare a credere nel valore del sapere, prima che sia troppo tardi. Articolo: Dott.ssa Mietto Elisa Dirigente del servizio: Ufficio Stampa & Produzioni MP di Salvo De Vita Resp. e Tutela Immagine: Dott. Salvo De Vita Distribuzione Nazionale Digitale: Urban Dream di Mietto Elisa